È ormai pienamente dimostrato che la vegetazione urbana e periurbana costituisce una risorsa fondamentale non solo per il miglioramento della qualità della vita nei centri abitati, ma per la stessa sostenibilità dei sistemi urbani e per il ruolo che essa può esercitare nel mantenimento e incremento della biodiversità negli ambienti antropizzati, costituendo o integrando corridoi e reti ecologiche estesi a livello periurbano e rurale. Recentemente, tuttavia, si sta cercando di fornire dei dati quantitativi sull’effettivo contributo della vegetazione nel modificare alcuni fattori ambientali quali il clima, la qualità dell’aria, il ciclo dell’acqua, la biodiversità della fauna e, non ultimo, sugli effetti esercitati dalle aree verdi sullo stato di salute psico-fisica dell’uomo.

Per queste ragioni piantare alberi è uno dei presupposti di gran parte dei programmi di miglioramento ambientale delle principali istituzioni nazionali e internazionali che si occupano di ambiente. Nel presente scenario di cambiamenti globali (non solo climatici), la scelta delle piante da inserire nelle aree verdi delle nostre città non può e non deve avvenire solo su basi estetiche o limitando la scelta alle sole specie indigene, ma deve tener conto del potenziale “contributo” ambientale che le specie che saranno messe a dimora potranno apportare. Appare perciò necessario che questa scelta debba essere basata su altri parametri. Vediamone alcuni:
- la quota d’inquinanti rimossi dalla vegetazione;
- il miglioramento, in percentuale, della qualità dell’aria;
- l’emissione oraria e giornaliera dei composti organici volatili da parte della pianta e il relativo impatto sulla genesi di ozono e di monossido di carbonio annuali;
- l’ammontare totale del carbonio organicato;
- l’effetto del bosco urbano sull’efficienza energetica nella zona confinante;
- la produzione di polline e allergeni;
- l’evapotraspirazione e la conseguente modifica del microclima.
Tutto questo secondo il principio “pianta giusta al posto giusto”, poiché non è sufficiente, che alberi e arbusti sopravvivano, ma che abbiano elevati tassi di crescita e, conseguentemente, elevati tassi di sequestro e stoccaggio di CO2 e di abbattimento degli inquinanti.

Le ricerche svolte anche nel nostro Paese hanno messo in evidenza come cortine vegetali, adeguatamente dimensionate in relazione ai flussi di inquinanti, agiscano quali filtri biologici rimuovendo dall’aria il particolato, ma anche l’ozono e altri composti gassosi presenti nell’atmosfera delle città. Ciò, insieme alla fissazione della CO2, costituisce uno dei benefici più significativi derivanti dall’impiego della componente vegetale nella progettazione urbanistica e architettonica.

Emerge forte, quindi, la necessità di scelte corrette su ciò che dobbiamo piantare, fondamentale in un periodo in cui è ancora più evidente la natura “strutturale” delle criticità nella pianificazione, realizzazione e gestione delle aree verdi urbane e della cura degli alberi nello specifico. L’ottenimento di risultati richiede, comunque, un più forte impegno di coesione, di responsabilizzazione e di orientamento da parte dei cittadini e delle pubbliche Amministrazioni, poiché non c’è dubbio che ciò costituisce, soprattutto in una fase critica come quella attuale, un pressante richiamo alla necessità di “lavorare” insieme per un verde sostenibile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale.

Appare perciò necessario analizzare le minacce e le opportunità, i punti di forza e di debolezza dell’arboricoltura e della selvicoltura urbana e su questa analisi basare le scelte pianificatorie, i criteri per la selezione dei nuovi impianti e le tecniche gestionali da adottare in modo da massimizzare i risultati del progetto.
Fonti:
- Ferrini F., 2020. Il verde urbano nel xxi secolo – la necessità di azioni reali e coordinate. Bullettino della Società Toscana di Orticultura, 1:47-50.
- Mori J., A. Fini, G. Burchi, F. Ferrini, 2016. Carbon uptake and air pollution mitigation of different evergreen shrub species. Arboriculture & Urban Forestry, Volume 42, Issue 5, September 2016, Pages 329-345.
- Mori J., F. Ferrini, G. Burchi, D. Massa. 2017. Piante ornamentali arbustive contro l’inquinamento urbano – Linea Verde, 43(6):16-19
- Mori J., Ferrini F., Saebo A., 2018. Air pollution mitigation by urban greening. Italus Hortus 25(1): 13-22
- Mori J., D. Massa, A. Fini, M. Galimberti, M. Ginepro, G. Burchi, F. Ferrini, 2018. Air pollution depositions on a roadside vegetation barrier in Mediterranean environment: combined effect of evergreen shrub species and planting density. Science of the Total Environment 643: 725–737
- Mori J., Ferrini F., Saebo A., 2018. Air pollution mitigation by urban greening. Italus Hortus 25(1): 13-22

Professore Ordinario di Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree presso l’Università di Firenze
Presidente della Società Italiana di Arboricoltura ricoprendo la carica dal febbraio 2005 al febbraio 2011.
È stato componente del Board of Directors della International Society of Arboriculture (ISA) che conta oltre 26.000 membri in tutto il mondo, da Febbraio 2005 ad Agosto 2016.
L’attività di ricerca condotta nelle diverse istituzioni di appartenenza ha consentito il raggiungimento di risultati nei settori dell’arboricoltura urbana e ornamentale e del vivaismo ornamentale e i lavori pubblicati (oltre 370 alla data del 31 gennaio 2023, 117 indicizzati in Scopus, H-Index 31, Google Scholar H-index 37) sono stati positivamente valutati dal mondo sia scientifico, sia operativo e sono considerati come uno dei principali riferimenti dell’attività italiana nel settore e più volte citati da autori internazionali.
Gran bel articolo, volevo sapere quali sono gli alberi o arbusti che catturano più inquinanti in assoluto… É vero che le piante sempreverdi o a foglia grande come ad esempio la Paulownia catturano più inquinante? Ho letto un articolo di un giornale circa 2 anni fa che a Londra stanno attuando un progetto di messa a dimora di piante /alberi sempreverdi x questo problema.. Grazie
Buonasera,
In linea di massima Le latifoglie sono generalmente più efficaci delle conifere; le sempreverdi più delle decidue. La combinazione di tratti diversi è un fattore chiave per migliorare l’efficacia sulla riduzione del PM. Foglie ruvide, con forme complesse, elevata densità di stomi e maggiore persistenza delle foglie stesse sono state correlate ai più alti valori di deposizione di PMx. Di non secondaria importanza è anche la morfologia della corteccia.
Maggiori dettagli sono presenti su https://www.mdpi.com/2071-1050/12/10/4247 (purtroppo in inglese). Eviterei l’uso, laddove possibile, di specie invasive come la Pawlonia
FF
Nota dello Studio Bellesi Giuntoli: nel progetto del KM verde abbiamo infatti tenuto conto di queste indicazioni inserendo specie più efficaci ed efficienti per la rimozione del PM ma evitando specie invasive.
Cordiali saluti
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