Il paesaggio italiano e la sua grande bellezza: come conciliare protezione e sviluppo del paesaggio per farfronte al dissesto ambientale, alla cementificazione e al consumo di suolo? E’ il tema dell’incontro del 15settembre a EXPO Milano 2015, organizzato dal Cnr, presso il Padiglione Italia. Facciamo il punto su unagiornata ricca di spunti interessanti in merito al tema del paesaggio italiano e della sua valorizzazione.
“L’equilibrio tra paesaggio antropizzato e quello naturale è ancora possibile? Gli attuali strumenti normativi portano spesso alla contrapposizione tra la protezione restrittiva e spesso tardiva dell’ambiente naturale e le esigenze delle attività produttive. Questi aspetti sono spesso affrontati in sede politica senza la partecipazione di tutti i soggetti portatori di interessi. Da un lato siamo il Paese dei disastri ambientali, delle edificazioni in aree protette e a rischio ambientale, dalla montagna ai litorali, della mancanza di prevenzione; dall’altro ci troviamo a fare fronte alle cosiddette calamità con alti costi, non solo economici”, spiega il paesaggista Alberto Giuntoli che, assieme a Silvia Fineschi dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp-Cnr),ha organizzato l’evento. Nel corso della giornata dedicata al paesaggio italiano, esperti in diverse discipline si sonoconfrontati sul tema analizzandone l’evoluzione storica, le sue condizioni attuali e le prospettive future. Tra imoderatori anche il noto geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi e lo storico Roberto Reali.
Massimo Osanna, Soprintendente per Pompei, Ercolano e Stabia
Il paesaggio italiano non è eterno; al contrario, è vittima delle trasformazioni drammatiche dell’antropizzazione. Alcuni luoghi celebri del Bel Paese, raccontati da viaggiatori incantanti dal connubio fra natura e cultura, caratteristico della nostra penisola, sopravvivono oggi solo nella memoria collettiva. L’invadenza barbarica della modernità ha operato delle trasformazioni radicali nel paesaggio italiano, alterando, spesso irrimediabilmente, non solo il suo aspetto, ma anche i rapporti complessi fra uomo e natura instaurati in millenni di storia. Eppure l’Italia è stata fra le prime nazioni a porsi una legislazione per la salvaguardia dei beni paesistici. La prima legge, infatti, risale al 1922. Dopo un percorso legislativo complesso, la “Convenzione Europea del Paesaggio”, sottoscritta nel 2000 a Firenze, riconosce il paesaggio come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Da quel momento, il paesaggio è una realtà imprescindibile sia quando si consideri oggettivamente, sia quando si filtri sentimentalmente in un’interpretazione artistica o letteraria.
Professor Paolo d’Angelo, Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo, Università Roma Tre
Nel Novecento la nostra idea di paesaggio è cambiata almeno quanto è cambiato il paesaggio reale. Siamo partiti da una concezione iniziale principalmente vedutistica e pittorica, incentrata sull’idea di “scena” e “punto di vista”. A questa concezione, a partire dagli anni Sessanta se ne è contrapposta una completamente diversa. Il paesaggio italiano è stato identificato con l’ambiente naturale, andando in contrasto con il carattere fortemente segnato dall’opera dell’uomo del paesaggio italiano. Questa concezione non è riuscita in ogni caso a mettere da parte il fortissimo nesso tra natura e storia che è tipico del paesaggio italiano. Negli ultimi anni il tema del paesaggio è diventato di grande attualità, grazie a una nuova sensibilità paesaggistica che ha dato al paesaggio una nuova definizione di identità. Non più in senso soggettivo ma oggettivo, quale insieme dei caratteri che connotano la sua irriducibile individualità. Un’identità mobile, non chiusa alle trasformazioni, ma al tempo stesso bisognosa di essere salvaguardata rispetto a interventi incongrui e stravolgimenti ingiustificati.
Professor Francesco Ferrini, Università degli Studi di Firenze
La corretta scelta di alberi da piantare nelle città del futuro è oggi fondamentale in uno scenario di cambiamento globale (non solo climatico). Sarà sempre più evidente la natura “strutturale” delle criticità nella pianificazione, realizzazione e gestione del verde urbano e periurbano. Gli eventi meteorici estremi avvenuti negli ultimi anni, seppur di diversa natura e intensità, ci hanno permesso di studiare a posteriori quali potrebbero essere le specie arboree che maggiormente si adattano all’ambiente urbano. Inoltre, il compito degli alberi nel prossimo futuro non sarà più quello meramente estetico ma, soprattutto, di contrasto al cambiamento globale. È questa sicuramente una tematica spinosa che deve essere affrontata tenendo conto di certe peculiarità storiche e paesaggistiche, ma in modo tecnico, senza dimenticare l’aspetto comunicativo, sempre più fondamentale per governare le problematiche, al fine di venire incontro alle aspettative e alle richieste della cittadinanza.
Architetto Mario Cucinella
La diffusione di modelli architettonici indifferenti ai luoghi, alle culture, alle condizioni paesaggistiche ed energetiche è una problematica che non può più essere ignorata. Questi modelli sono stati capaci di trasformare l’architettura da opportunità a problema energetico planetario. La volgarizzazione dei modelli edilizi ha infatti portato ad un appiattimento del paesaggio urbano e ad una indifferenza ai diversi bisogni. Conseguentemente, ha creato un problema di consumi spesso inconciliabili con le economie locali, causando inoltre livelli di inquinamento incompatibili con la vita delle persone. La definizione di sostenibilità deve quindi tener conto di due punti di vista, il primo di carattere tecnico e prestazionale, l’altro quello di un nuovo rapporto tra architettura e il paesaggio: un’empatia creativa. Contro un modello che è indifferente ai luoghi, la sostenibilità è per definizione non globale, è contro il principio di appiattimento e semplificazione dei linguaggi. È creazione di valore dove la definizione di valore è anche quella di dare un contributo estetico, un valore qualitativo, un valore di appartenenza e non solo di natura economico-quantitativa.
Professor Eckart Lange, Department of Landscape, The University of Sheffield
Il nostro paesaggio è dinamico, cambia in ogni momento. L’intervento antropico è la chiave del cambiamento del paesaggio. Come in passato, così come oggi, il paesaggio del futuro sarà il riflesso dei nostri bisogni umani e i relativi usi del suolo in termini di produzione di cibo e consumo di energia. La popolazione del pianeta continua a crescere, e la maggior parte delle persone vive attualmente in ambienti urbanizzati. Inoltre, questo trend verso una sempre più alta urbanizzazione è in crescita. Allo stesso tempo stiamo affrontando la sfida dei cambiamenti climatici. E’ previsto che in futuro disastri naturali come inondazioni e siccità aumenteranno, e insieme all’aumento delle temperature, avranno un considerevole effetto sulla vegetazione. Queste considerazioni a lungo termine richiedono un approccio strategico e innovativo alla pianificazione e alla progettazione del paesaggio. In questo senso, la modellistica e le moderne tecniche di visualizzazione saranno essenziali per comunicare quale sarà il paesaggio del futuro e imboccare la giusta strada.
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